Una lettera immaginaria, ma piena di verità.
Scritta da Maddalena Maltese come se fosse il fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a parlare con Oppo.
È un dialogo che unisce due visioni: quella di chi ha creduto nel valore della conoscenza e quella di chi ha trasformato il dolore in dono.

I sogni sono le radici del bene e i germogli della speranza.

Roma, 12/01/2023

Caro Oppo,

sono Agostino Gemelli. Sì sono proprio io: il medico con la passione dei giovani. Quello che nei primi del ‘900… un secolo fa, con amici e colleghi ha inseguito il sogno di un Ateneo d’eccellenza per ragazze e ragazzi di talento, che avrebbero potuto fare la differenza nel nostro Paese, un po’ come stai facendo tu.

Ricordo l’emozione all’inaugurazione dell’Università del Sacro Cuore a Milano, a cui sono seguite Roma, Brescia, Cremona e Piacenza.  Tutti laboratori di innovazione scientifica e culturale.

Tutte comunità di studio e di umanità che hanno saputo lasciarsi ispirare dalla sofferenza e dalla fatica per vincere le sfide della non conoscenza; superare il limite dell’inesplorato, e non cedere alle inevitabili complessità della nostra vita. Le hanno sapute dribblare tutte, con disciplina, allenamento, entusiasmo, guizzo. Su questo campo ci capiamo bene, vero? Perché quando il pallone sfiorava i tuoi piedi, Oppo, sapevi che niente ti avrebbe fermato fino alla meta, fino al goal della vittoria.

E i goal sono stati tanti e molti di più da quando insieme condividiamo lo stesso Cielo. Questa lettera è il mio grazie, Oppo. Grazie per l’amicizia che ci unisce, per quanto abbiamo realizzato insieme, per le cose che siamo riusciti a cambiare, io e te. Io con i miei progetti, tu con la tua determinazione, e i tuoi con una tenacia e una forza travolgenti. Mi ritengo fortunato per averti come amico, e per saperti deciso come me a lasciare un segno che non passa e che rimane, a prova che i sogni sono le radici del bene e i germogli della Speranza.

Mi sono chiesto spesso come sia possibile pensare di costruire qualcosa di grande quando si è soli, si è così piccoli, in un mondo così vasto, Fatto di infinite strade e palazzi, vissuto da miliardi di uomini e donne. Come avrei potuto incidere, accendere una luce nel buio e osare sentieri ancora inesplorati? Tu l’hai fatto e io con te. Abbiamo fatto la differenza. E quando vedo il tuo nome in una stanza, in un laboratorio, sull’ultimo ritrovato della tecnologia della salute, so che il verbo futuro è il dono che stai continuando a distribuire senza sosta, ancora oggi.

Il mio ideale, ciò che mi spinse a realizzare il progetto dell’Università era proprio questo: donare qualcosa che il passare del tempo e le difficoltà non avrebbero intaccato, ma anzi sarebbero stati allenatori capaci di modellare, in una forma unica, giovani donne e giovani uomini che avrebbero donato sorrisi e gambe veloci, per correre sui campi di calcio della vita e giocarsi il loro campionato, non da vincitori o sconfitti, ma da atleti.

Se la pandemia, le guerre, le tante crisi che viviamo vorrebbero farci chiudere ogni finestra e porta e isolarci nelle nostre stanze, nelle tue di stanze, Oppo ci sono sempre pareti trasparenti, che sanno farsi attraversare dalle necessità e dalle fragilità, ma sanno anche proteggere e rinvigorire. Quanti proprio lì hanno recuperato fiato, forze e fiducia nel bello e nel buono della nostra umanità, magari con una sana risata o con un sorriso timido. ln quelle stanze anche chi si è ritrovato ad incamminarsi per il Cielo, nuova stella della tua costellazione, ti ha trovato al suo fianco, pioniere e compagno.

Ti ringrazio Oppo, per non esserti tirato mai indietro in tutti questi anni, per non aver smesso di credere che il mondo si cambia a partire da tante stanze e da un’università e per essere rimasto una stella, che c’è di giorno, ma che brilla straordinariamente e ci incanta, proprio nel buio.

Con affetto, il tuo amico Agostino

«C’è una luce che non si spegne: quella che accende le mani, la mente e il cuore di chi continua a credere nella vita.»
Associazione Oppo e le sue stanze